posted: 23/04/13 at 08:00 am

TUTTE LE SALITE DEL MONDO #14 | MONTE PORA

By: Ufficio Marketing
Categoria: Storie
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Le prove generali con gli sci d’alpinismo prima di affrontare la maratona delle alpi dovevo proprio farle. Da ragazzo andavo con gli sci d’alpinismo sulle montagne abruzzesi. Vista invernale della piana di Campo ImperatoreIl sabato mattina da solo, con un Citroen Dyane scalcinata e romantica, salivo su fino a Campo Imperatore, il Piccolo Tibet di Fosco Maraini, e da lì mi avventuravo, da solo, sulle erte che circondano quel posto magico. Monte Scindarella, la Portella, il Prena e il Camicia, tutti i declivi e i valloni che si allargano sotto il Corno Grande. Da allora di anni ne sono passati tanti, quasi trenta. Una vita. E io non ho più messo gli sci con le pelli di foca ai piedi. Mai.

Tra pochi giorni dovrò usarli alla Oetzi Alpin Marathon: gli ultimi 6,2 km della gara prevedono un’ascesa con gli sci ai piedi, con pendenze da paura in alcuni tratti, fino ad arrivare su al Ghiacciaio Alto della Val Senales. Allora mi tocca provare. IMG-20130412-00284L’appuntamento è a Bergamo dal mio amico Carlo Brena, con cui farò coppia nella Oetzi marathon. Lui di sci ne sa parecchio. Giornalista sportivo, è caporedattore della rivista SciFondo. Ogni anno testa di persona tutti i nuovi prodotti con gli sci ai piedi. Ha finito non so quante marcialonghe e ha al suo attivo anche qualche maratona e diversi triathlon, tra cui un Ironman in Germania negli anni Novanta. La sua medaglia d’oro. Uno tosto decisamente, age group, un po’ arruginito forse, come me. Ma di quelli che non molla mai, che arriva dove non arriva la forza, con il cuore. Eppoi i bergamaschi sono molto simili agli abruzzesi, di poche parole, un po’ montanari. Vanno subito al sodo, all’essenza delle cose, senza troppi giri di parole. Forti e gentili, proprio come la gente di Silone. Carlo ha recuperato per questa prova due sci di ultima generazione, in legno e carbonio della Dynafit, e anche scarponi super leggeri e racchette in carbonio. La cosa che più mi colpisce di questi attrezzi è, appunto, il peso. I miei vecchi sci d’alpinismo che conservo in qualche recondito angolo della mia casa natia, a Penne (… dovrei dire ai miei tempi. Oddio, vuol dire che sto davvero diventando vecchio!) avevano degli attacchi modernissimi per l’epoca: dei Silvretta, svizzeri, massimo della tecnologia nei primi anni Ottanta. Una sorta di tortura ai piedi con delle barre di acciaio sotto gli scarponi che da soli pesavano quasi tre chili (3 chili?), senza contare gli sci e gli scarponi. Castione della Presolana-20130412-00285Questi Dynafit, che sono tra i più avanzati per le corse in salita con gli sci, pesano 800 grammi circa. Con attacchi e scarponi si arriva a meno di un chilo e mezzo di roba, tutto compreso. Insomma, sono davvero leggeri. Anche se poi bisogna salire. E lì di scuse non ce ne sono. Come dice il mio amico Carlo-Peter Pan (“In fondo io mi diverto ancora come un bambino, sono fortunato perché ho fatto della mia passione il mio lavoro”) con gli sci d’alpinismo bisogna spingere spingere, a tutta, con il fiato e con il cuore in gola, fino alla vetta. La destinazione di oggi per testare il materiale è la cima del Monte Pora, massiccio delle Prealpi bergamasche, a quota 1.880 metri, il monte Pora segna il confine tra le province di Bergamo e Brescia, tra l’Alta Val Seriana, la Val Borlezza e la Val Canonica. Noi saliremo dal versante bergamasco. Dalla cima si gode un panorama molto bello e ampio, ma quando arriveremo noi vedremo solo le stelle e le luci in fondo alla valle. Strano essere qui. Alle 5 della sera sono uscito dal giornale, nel centro di Milano, dopo una giornata frenetica, a mille. Dopo meno di due ore sono ai piedi della montagna, sul calare della sera. Pronto a inforcare gli sci. E’ strano, ma il paradiso può essere davvero dietro l’angolo di casa nostra. Basta solo accendere le antenne e accorgersene. Volerlo fare. Se ne sono accorti anche altri due ragazzi temerari che prima di noi sono già partiti, all’imbrunire, con gli sci ai piedi e la luce sulla testa per salire la montagna. Ci prepariamo in un attimo.  Castione della Presolana-20130412-00283La foto di rito prima di partire ce la scatta un amico di Carlo, che è un po’, se ho ben capito, il boss di tutte le montagne qui, l’uomo che gestisce gli impianti di risalita e le piste del Monte Pora. Carlo mi racconta che ci sono tante persone che stanno riscoprendo la montagna con gli sci d’alpinismo. Persone che scelgono di salire, di far fatica e che non sono più tanto interessate alle discese, gli impianti di risalita, gli skilift, le seggiovie, i piloni, e gli skypass. Questo posto è stato cementificato negli anni sessanta-settanta dai palazzinari delle doppie case. Ora è un paese fantasma. Disabitato per gran parte dell’anno come molte delle località montane più vicine alle città. In Austria, nella verde Carinzia, mi racconta Carlo, c’è un monte vicino a Villach, il Monte Dobracht dove gli impianti li hanno tolti del tutto e gli sci alpinisti del circondario, anche tanti da Italia e Germania, vanno lì per allenarsi e salire salire quelle piste innevate e battute 5-6 mesi l’anno. Mail.google.comI vecchi impianti di risalita li hanno tolti: è stata la stessa società di gestione che ha pagato per il ripristino dello stato preesistente. La montagna è tornata come dovrebbe essere. Un paradiso incontaminato. Un modo nuovo e più rispettoso dell’ambiente di approcciarsi con gli sport invernali sta nascendo, più lento e meno consumistico, favorito dalla grande facilità d’uso e dalla leggerezza degli sci d’alpinismo di nuova generazione. La cosa che mi è sempre piaciuta di questo sport è il contatto estremo, fisico, intimo, con la neve e la montagna. Lontano da tutti, lontano dal caos, lontano dagli sciatori della domenica. E‘ forse la stessa molla che mi spinge a preferire gli sport in solitaria, anche se in mezzo a 30mila persone, come la maratona, i triathlon lunghi, come l’ironman, dove è vietata la scia, non si può pedalare riparati dal gruppo ma bisogna andare avanti, in qualche modo, da soli, trovando le forse e le risorse dentro sé. Così è anche per questo sport. Siamo pronti. Onore-20130412-00290E il cielo è quasi nero, con il buio che comincia ad avvolgere il bianco della neve. Cominciamo a salire. Con i fumini che escono dalla bocca. Il movimento è semplice, intuitivo, le mie cellule lo ricordano ancora in qualche angolo remoto. Carlo Peter Pan mi consiglia come fare per risparmiare le energie ed avere una salita più efficiente: “Non alzare troppo, ma scorri. Fai passi piccoli. E aiutati con le braccia quando sei stanco con le gambe”. Controllo i battiti del cuore sul mio Garmin Forerunner 910 che sta registrando anche la traccia Gps, la mappa della salita (se finirò sotto una valanga mi ritroveranno?). Come al solito, non voglio strafare e salgo prudente, seppur agile e veloce. I battiti del mio cuore variano da 140 a 165 al minuto: segno che sto andando all’80-90% delle mie possibilità. Quindi bene. Op op. Op op. Continuo a salire a buon ritmo e l’erta diventa via via sempre più un muretto e sempre più grigia e poi nera, un segno indistinto. Prima sto dietro a Carlo che mi fa strada. A un certo punto lui mi invita a stargli a fianco e saliamo in coppia, così come faremo in gara. Affiancati. LOnore-20130412-00289e prove generali mi sembra stiano andando bene. Il nostro passo è lo stesso e il fiato c’è. Il buio, quando siamo ormai quasi in cima, ci avvolge E attorno non si distingue più nulla, la salita dal burrone. C’è un gatto delle nevi con degli enormi fari gialli che sta facendo il suo lavoro per battere le ultime piste, per le ultime giornate prima della fine della stagione. Sale e risale da un lato all’altro delle piste. Noi lo superiamo e continuiamo la nostra ascesa. Dopo circa 40 minuti e più di 3mila metri di salite, arrivati quasi in cima Carlo mi dice con gli occhi che sono stato promosso. La prova è andata bene. Possiamo scendere. Entrambi pieni di questo silenzio e dello scenario incantevole di questa montagna innevata, in una notte di primavera. A questo punto bisogna togliere le pelli dagli sci e attaccare gli scarponi dietro. Comincio io. Peter Pan mi guida e mi segue. Poi tocca a lui e ci accorgiamo che c’è qualcosa che non va. Carlo non ha controllato gli attacchi dei suoi sci – ha pensato più all’altro che a sé – attacchi che sono più stretti rispetto al suo scarpone e ora non riesce ad attaccarli dietro. Dobbiamo scendere. Non possiamo restare qui. Siamo sudati. E’ notte e comincia a fare freddo. Ci copriamo con delle giacche. E decidiamo che scenderemo con gli sci, a spazzaneve, piano piano, in qualche modo, cercando soprattutto di non cadere e farci male (abbiamo una gara tra pochi giorni). Comincio io. E poi mi fermo e lo aspetto. Poi faccio andare lui avanti e io gli sto dietro, anche se faccio fatica ad andare piano perché c’è ghiaccio e gli sci non è facile controllarli senza vedere niente con questo fascio di luce che parte da una lampadina che ho sul capo. Restiamo sulla pista appena battuta perché per Carlo in queste condizioni è davvero difficile scendere. A un certo punto ci accorgiamo che l’uomo che lavora sul gatto delle nevi ci fa dei cenni. Angolo Terme-20130412-00293Ci avviciniamo e dalle urla in bergamasco stretto ci accorgiamo che non ci sta salutando. È incazzato nero perché gli stiamo “rovinando” un pochino il suo lavoro. Cerchiamo di spiegare che passiamo da lì perché abbiamo un problema con gli sci e non riusciamo altrimenti a scendere. Lui non sembra interessato al nostro imprevisto – strano per essere un uomo delle montagne – e alla nostra incolumità. Ci allontaniamo con l’eco delle sue liriche irripetibili nelle orecchie, per fortuna per me incomprensibili, e dopo ancora un po’ di passione finalmente riusciamo a tornare alla base di partenza. Pronti per la Oetzi alpin marathon.

Guarda i dettagli del nostro allenamento su Garmin Connect.

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