Si riparte: il Giro unisce l’Italia

 

Ovunque macerie e lutti ma gli italiani si stanno già rimboccando le maniche. Lentamente la vita riprende il suo corso e il ciclismo è pronto a recitare un ruolo di primo piano in un paese ferito, deciso a rimettersi in gioco. Il referendum ha appena spazzato la monarchia, spalancando le porte e le speranze alla repubblica con il voto, per la prima volta, concesso alle donne. Alla Wilier, a due passi dal Brenta, si lavora nonostante le bombe sganciate dai bombardieri alleati abbiano lasciato il segno. Pedivelle, freni, pignoni, manubri, cerchi, raggi e selle passano rapidi dalle mani degli operai ai telai. Le prime bici escono dallo stabilimento, il mercato si muove.

Giro d’Italia 1946. Folla Strabocchevole a Trieste, il tricolore trionfa.

15/6/1946: Cottur solo nei pressi di Torino si invola verso la vittoria.

 

Aria nuova, finalmente. Il cav. Dal Molin guarda al futuro con fiducia e allestisce una squadra agonistica. Capitanata da Giordano Cottur, il triestino che per ben due volte ha vinto la Bassano-Monte Grappa (1935 e 1936), è formata da corridori del Triveneto. Agli ordini di Giovanni Zandonà, il diesse con un passato di gare alle spalle, si rimettono in sella Giannino Piccolroaz, Angelo Menon, Toni Bevilacqua, Egidio Feruglio, Angelo Degano e Giovanni Brotto. Corridori solidi, tenaci, combattivi, pronti a dare tutto sulle strade scorticate dalle bombe.

Sabato 15 giugno i sette si presentano al nastro di partenza di Milano.

“Una squadra robusta” la definisce la Gazzetta dello Sport che dedica ampio spazio ai veneti. Finalmente si fa sul serio. La Triestina, com’è chiamata la formazione bassanese in omaggio al capoluogo giuliano ancora diviso, si presenta forte del successo ottenuto da Feruglio nel Giro dell’Emilia. La folla, in piazza duomo, è strabocchevole e assedia uomini e mezzi. Curiosità, stupore, allegria dopo anni bui. E’ una nuova Italia quella che si stringe attorno ai girini. I corridori della Wilier Triestina sono circondati, coccolati, stretti in un abbraccio che toglie il respiro. Scatta il Giro della rinascita e il primo acuto è proprio di Giordano Cottur. Sul traguardo di Torino, al termine di 185 chilometri, stacca il compagno Bevilacqua di 43” e indossa la prima maglia rosa del dopoguerra. Il veneziano si rifà alla grande il giorno successivo, nella Torino-Genova di 190 chilometri: Bevilacqua infligge un distacco di 1’ 48” a Bailo e toglie la maglia al capitano. Si ripete due giorni dopo al termine della Montecatini Prato di 40 chilometri: terzo successo su quattro tappe per la Wilier. Un inizio trionfale: le imprese dei rossoalabardati sono sulla bocca di tutti. La strada che da Prato porta a Bologna non è adatta ai mezzi del velocista: l’Appennino segna le gambe di Toni. Sul Collina transita in testa Bartali ma sotto lo striscione d’arrivo sarà superato da Fausto Coppi. Il Giro ritrova gli eroi. Maglia a Camellini della Olmo. La carovana, superando strade impossibili, scende al Sud. A Napoli la boa della corsa. Il primato passa a Vito Ortelli. Si risale mentre i grandi si controllano, consapevoli che saranno decisive le Dolomiti. Oreste Conte vince la Firenze Rovigo, sopravanzando Bevilacqua che sente aria di casa. La scalata del Muraglione premia Coppi. Domenica 30 giugno: da Rovigo a Trieste, dove il giorno dopo la carovana osserverà un turno di riposo. C’è tensione nell’aria. La città è contesa dagli jugoslavi di Tito che non vedono di buon occhio l’arrivo del Giro. La corsa, con l’entusiasmo che scatena lungo le strade, sta ricucendo l’Italia. La Wilier Triestina, poi, con quel nome che richiama all’unità, suona come una provocazione contro chi s’è sporcato le mani di sangue per impedire che il tricolore sventolasse ancora su S. Giusto. Sul ponte di Pieris, alle porte ormai di Trieste dove nel frattempo s’è radunata una folla enorme, un gruppo di sconsiderati, irretito dai comunisti titini, entra in azione. I manifestanti lanciano fiori all’indirizzo dei corridori ma tra i mazzi nascondono pietre.

Colpiscono gli eroi del pedale, ne feriscono un paio. Da un campo vicino al ponte partono, minacciosi, alcuni colpi di fucile. I ciclisti si gettano a terra, terrorizzati, cercando ripari di fortuna. Hanno già percorso più di 150 chilometri, pedalando nella piatta pianura ad un passo dal mare. Urla, richiami, imprecazioni e, terribili, gli spari. Intervengono i poliziotti di scorta alla corsa e i militari americani. No, non può finire così. Superato l’iniziale smarrimento, i girini riprendono le bici. In diciassette, con la Wilier al completo, decidono di arrivare ad ogni costo all’ippodromo Montebello. I soldati, armi in pugno, fanno salire sulle loro camionette quei coraggiosi uomini per scortarli al traguardo. Piedi a terra e tempo imposto per il resto della carovana. A Barcola i corridori fermano le jeep; scaricano le bici e via sui pedali a tutta. Anche se la classifica non sarà toccata che sia almeno volata vera. Giordano Cottur conosce a menadito le strade che portano all’anello della sua città. Le ha percorse migliaia di volte, prima e dopo gli allenamenti sulle aspre colline carsiche. L’ippodromo è annunciato da una breve ma secca salitella. Un ideale trampolino di lancio. E’ lì che sferra, improvviso, l’attacco. Guadagna una manciata di metri: quel tanto che gli basta per precedere sulla linea i compagni Bevilacqua e Menon. Tre uomini della Wilier Triestina ai primi tre posti a Trieste: un’apoteosi. La gente impazzisce, invade la pista. Giordano Cottur è issato sulle spalle e portato in trionfo. Alla faccia dei comunisti titini e del loro odio verso gli italiani. Dovranno passare ancora otto anni prima che Trieste ritorni italiana, ma l’arrivo di quelle maglie rossoalabardata anticiperanno il futuro della città giuliana. “Un’emozione mai più provata” racconterà per anni Giordano Cottur, con gli occhi chiari che sempre s’inumidivano a quello straordinario ricordo.

“Il delirante abbraccio dei triestini accoglie il Giro d’Italia”

titola la Gazzetta dello sport e Bruno Roghi firma un articolo entrato nella storia del ciclismo.

“I giardini di Trieste non hanno più fiori.

Le campane di Trieste non hanno più suoni.

Le bandiere di Trieste non hanno più palpiti.

Le labbra di Trieste non hanno più baci.

I fiori, i palpiti, i suoni, i baci sono stati tutti donati al Giro d’Italia”.

 

Corridore del giro: Giannino Piccolroaz.

Cottur e alle sue spalle Vincenzo Torriani.


Cottur si gode il bagno di folla nella sua Trieste.

15/6/1946, Giro d’Italia: Cottur in fuga.



 

Dopo il giorno di riposo la carovana si rimette in moto: da Udine ad Auronzo di Cadore, con il Mauria da scalare. I grandi entrano in scena. Tocca a loro ripristinare le gerarchie. Bartali vince il traguardo della montagna, Coppi lo precede su quello finale.
Ortelli, terzo, finisce a 1’34”. La maglia passa sulle spalle di Ginettaccio, l’omino di ferro che la guerra non ha fiaccato, restituendolo all’antico fulgore. Vuole mettere in chiaro che è lui il primo della classe. Guai a giocargli ancora tiri mancini. Coppi, ritornato debilitato dalla prigionia, è avvisato. Nasce il dualismo che farà da sfondo ad epici duelli. La tappa successiva si conclude proprio a Bassano, sede della Wilier. Un fremito percorre la città. Il ricordo di Pieris è vivo, amplificato dalla radio e dai giornali. Ecco il primo: ancora lui, Fausto Coppi, da solo. Bartali è avvisato. In montagna il capitano della Bianchi vola. L’età è dalla sua parte. Entra al Mercante tra la folla in delirio dopo una cavalcata che lo ha visto in testa anche sul Falzarego. Bini chiude a 1’12” precedendo Bartali. Decimo è Cottur, a 1’57”. Il cav. Mario Dal Molin e tutte le maestranze della Wilier sono al velodromo. Mancano quattro tappe. Nella Bassano-Trento, con il Rolle, è Aldo Ronconi ad imporsi davanti a Coppi. Bartali, terzo, cede altri nove secondi al portacolori della Bianchi, ma tiene la maglia. Conte firma la Trento-Verona davanti ai fratelli Zanazzi mentre a Mantova il successo arride ad Elio Bertocchi. L’ultima tappa, la Mantova-Milano di 176 chilometri, porta la firma di Coppi ma la giuria lo declassa: primo posto ancora ad Oreste Conte. Bartali conquista il Giro della rinascita con 47” di vantaggio su Coppi. Ottavo è Giordano Cottur a 38’28”. Bevilacqua e Piccolroaz chiudono al 17° e al 18° posto; Feruglio al 37°. Gli altri portacolori della squadra alabardata si sono ritirati.

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14 maggio 2013