Passa il Giro

Ore 11.00

“Sono seduto da due ore, ormai, sul muretto che corre a fianco della statale Valsugana, accanto a villa Ca’ Sette. Con me ci sono la mamma, la nonna e mio fratello Paolo. Aspettiamo papà, via da casa da tre settimane. Il lavoro lo porta sempre lontano e non ha potuto essere presente alla festa della mia prima comunione. La sua assenza è pesata tanto in famiglia. So che ci pensa sempre e ogni due o tre giorni ci invia una cartolina con i saluti. Ogni volta è una città diversa. Sto conoscendo l’Italia grazie alle sue cartoline. Roma, Palermo, Napoli, Campobasso. Grandi città e paesi che mai avevo sentito nominare. Qualche volta le porto a scuola e le faccio vedere al maestro, Giovanni Carretta. Mio papà è al seguito del Giro d’Italia. Guida l’ammiraglia della Wilier Triestina. Accanto a lui c’è Giordano Cottur, il grande campione che ha concluso la carriera un anno fa. Papà dice che è un tipo simpaticissimo, allegro e sempre in vena di scherzi. É il direttore sportivo della squadra che punta tutto su Fiorenzo Magni. Dietro c’è il meccanico, Simeoni, pronto ad intervenire in caso di necessità… Due ore sul muretto. Non ne posso più. Gioco con mio fratello e con gli altri ragazzi della Busa, Tito, Gianni, Gimo, Ermete, Angelo e Mario, impazienti quanto e forse più di me. Ma oggi è un giorno speciale. La mamma continua a riprendermi. Non vuole che mi allontani troppo. Nonna Cristina è sulle spine. Tra un po’ passerà la carovana del Giro. Papà ci ha scritto di aspettarlo sul muretto perchè vuole salutarci. Ho tanta nostalgia e mi manca da morire. Il tempo non passa mai”

Ore 11.15.

“Non so cosa sia preso a mio fratello Flavio. Un colpo si alza di scatto, un altro piega la testa tra le gambe e fissa i sassi. Sembra tarantolato. Anche la nonna è agitata. Col cuore che ogni tanto le fa degli scherzetti dovrebbe stare più tranquilla. La mamma mi sembra assente. I suoi occhi chiari scrutano il cielo e poi li punta in fondo al rettilineo. S’è messa il vestito più bello ed ha passato un filo di rossetto sulle labbra. Di solito non lo fa mai. Oggi non siamo andati a scuola. Poco dopo che eravamo alzati siamo partiti di corsa, con la sporta piena di panini e una bottiglia di acqua. Ho appena finito di mangiarne uno, ma ho fatto fatica. Non sento la fame. Penso a papà e lo vedo aggrappato al volante della macchina. Un giorno, prima di partire per una corsa, mi ha fatto salire accanto a lui e mi ha portato a fare un giretto. I miei amici mi hanno guardato con invidia. Mi son sentito importante e ho sognato di dirigere io la squadra della Wilier, la più famosa d’Italia anche se non ha Coppi o Bartali. Magni è un grande per davvero. Papà mi parla di lui in termini entusiastici. Mi piacerebbe diventare un corridore della Wilier e passare in testa al gruppo sulle strade di Bassano con tutta la gente che mi applaude. Papà però non vuole. Continua a dirmi che fare il corridore è troppo faticoso. Vuole che studi. Per lo sport, dice, c’è sempre tempo. Secondo lui dovrei giocare a calcio. I calciatori non faticano come i corridori e guadagnano di più. Forse ha ragione. Quando li vedo pedalare in salita sono irriconoscibili per lo sforzo… Appena arrivati sul muretto non c’era nessuno. Da casa nostra al Ca’ Sette ci abbiamo impiegato un quarto d’ora, per via della nonna che cammina lentamente. Adesso ci saranno almeno cento persone. Parlano dei campioni, di Fausto e di Gino. A proposito di Gino: vicino a noi c’è Gino Bordignon, abita nella stessa via, una porta più in là della nostra, al numero 24. É talmente fanatico del toscano che tutti lo chiamano Gino Bartali. Stravede per lui e quando mio papà gli racconta delle imprese di Coppi non vuole crederci. Pensa che faccia a posta a parlargli bene del campionissimo per farlo arrabbiare. Su Magni, però, è d’accordo anche lui.”

Ore 11.30.

“Paolo e Flavio sono due terremoti. Mai fermi un attimo. Anche sulla salita che da vicolo S. Sebastiano, in busa, sbuca davanti alla chiesa della Madonna della Salute di S. Vito, era impossibile tenerli a bada. Almeno mi avessero aspettato. Invece via, sparati, e la mamma a chiamarli in continuazione. Io ho la mia età e ne ho viste e passate di tutti i colori ma oggi non potevo restare a casa. Bepi ha scritto che vuole salutarci tutti. Il mio toso ha una passione sfrenata per le corse in bicicletta e come lavoro ha deciso di fare il meccanico. Appena finita la guerra aveva aperto una piccola “botegheta” in Borgo Angarano. Vendeva e riparava biciclette, ma gli affari erano magri. Prima delle bici e dei copertoni la gente aveva bisogno di mangiare. Così quando gli hanno offerto di entrare alla Wilier ha accettato anche se con un po’ di rimpianto. Almeno la paga è sicura. Con due figli da crescere, di questi tempi, i soldi non bastano mai. Però se avessi saputo subito che in fabbrica ci sarebbe stato pochissimo, gli avrei detto di pensarci bene. É sempre in giro con la macchina e sulle strade ci sono mille pericoli. Da piccolo s’è preso una broncopolmonite e ancora adesso soffre. Al mattino, quando si alza, tossisce sempre. Il catarro non gli dà tregua. Non credo gli faccia bene guidare la macchina scoperta. Quando piove se la prende tutta. Spero abbia riguardo per i suoi polmoni. Ah, Bepi, cerca di avere un po’ di riguardo. Copriti bene in montagna e attento a non sudare… Paolo, Flavio, venite qui, subito, e calmatevi un “pocheto”… Anna, oggi i due, non ascoltano niente”.

Ore 11.40.

“Mi ha scritto: fatevi trovare sul muretto del Ca’ Sette alle due. Quando i due terremoti sono tornati a casa da scuola li ho inquadrati subito. Meglio non perdere tempo. C’era il rischio di non trovare posto. É sempre così quando passa il Giro: ci sono persone dappertutto. É una festa grande. Per gli altri. Io mi sento più triste e sola. Stamattina mentre cucivo un abito per la ‘siora dele penne’ non riuscivo ad andare avanti. La mia vecchia Singer andava a colpi, nonostante pedalassi con la solita lena. Ho dovuto usare il gesso per segnare le cuciture. Di solito mi regolo a occhio; faccio la sarta da tanti anni e non ho bisogno di imbastiture per cucire diritto, regolare, senza scansi. Invece oggi non c’era verso. Poi ho capito. Sono nervosa come poche altre volte. Non vedo l’ora di salutare il mio Bepi. L’altro giorno, alla festa della prima comunione di Flavio, avrei voluto tanto averlo vicino. Sembra un burbero, invece è un uomo dal cuore d’oro. Spero che il Giro finisca presto e torni a casa con noi. Ho indossato il vestito più bello e mi sono sistemata i capelli. Ho tirato fuori anche il rossetto. So che a Bepi non piace il trucco ma oggi è un giorno speciale. Chissà se avrà il tempo di fermarsi un minuto…”

Ore 11.45.

“Sta passando la carovana pubblicitaria. Paolo è riuscito a prendere un cappellino. Ne vorrei uno anch’io ma sono troppo piccolo e gli altri arrivano sempre prima di me. Ci sono certe macchine che sembrano delle giostre. Guarda quella, è fatta a maiale e reclamizza i salami. Ce n’è una uguale a un tubetto di dentificio mentre quella subito dietro fa la rèclame a un liquore. Sembrano carri mascherati. É proprio uno spettacolo. La carovana passa mezz’ora prima dei corridori: ormai ci siamo…”.

Ore 12.00

“Giordano, alle porte di Bassano prendi tu il volante. Io mi metto al tuo posto. Mi raccomando, vai piano e se trovi il tempo, fermati un attimo. A Vicenza, alla partenza, ho raccomandato ai corridori di non scattare. C’è la mia famiglia ad aspettarmi. Ci sono anche i parenti di Simeoni. A Bassano siamo in casa. Tutta la gente stravede per la Wilier. Vedrai che festa…”.

Ore 12.02

“Bepi, calmati. Io ci so fare con le bici, non con le macchine. Non ti lascio il mio posto. Tu sei pagato per guidare e devi farlo anche oggi… Dai, non guardarmi in quel modo. Sto scherzando. Se non ti dessi il cambio saresti capace di tenermi il muso sino alla fine del Giro. Fermati subito che ti dò il cambio…”.

Ore 12.10

“Eccoli, eccoli, arrivano: Paolo riesci a capire chi è in testa?” «Teston, non sono i corridori quelli che vedi la in fondo, ma le staffetta della Polizia. I ciclisti sono subito dietro di loro e dietro i ciclisti ci sono le ammiraglie… Sono qui!». «Papàààà, papàààà….» «Ciao papàààà, ciao papàaà». «Bepi…» «Bepi, Be….» « Vai piano, Giordano, vai piano. Frena, frena. Eccoli, eccoli: ciao Flavio, ciao Paolo, ciao Anna, ciao mamma….» Ore 12.12. “Hai visto il mio papà? Era quello in piedi, che si sbracciava. Cottur, invece, guidava e rideva come un matto. Mi ha salutato anche lui. Perchè non s’è fermato?”.

Ore 12.15

“Giordano, hai visto quanta gente? Ti immaginavi una folla del genere? E i miei piccoli li hai visti? Se ci fossimo fermati non ce l’avrei più fatta a ripartire. Ridammi il volante. Adesso comincia il bello della tappa. Stasera la classifica potrebbe cambiare. Tra poco ci saranno le scale di Primolano, i più forti cominceranno a menare… Poi sul Rolle, sul Pordoi e sul Gardena ci sarà da divertirci. Speriamo che il tempo tenga.»

Ore 12.30

“Paolo, io sono Coppi e tu Bartali. Facciamo a chi arriva primo a casa?”

Ore 12.40

“Giordano c’è un corridore a terra in mezzo alla strada. Ha la maglia celeste della Bianchi. Che sia Coppi? Mamma mia, è proprio Fausto. Ha bisogno di aiuto…É ferito, non riesce a muoversi… quanto ci mette ad arrivare l’ambulanza del Giro? Te l’avevo detto che oggi sarebbe successo qualcosa di grosso. Me lo sentivo. Come mai l’ammiraglia della Bianchi non si vede ancora? Siamo noi i primi della carovana. Aiutami, deve aver una grave frattura…”

Ore 19.30

“Ho finito adesso di sistemare le biciclette. Ho dato una mano a Simeoni. Hai sentito di Fausto? S’è rotto il bacino. Addio giro. Adesso può succedere di tutto. I nostri come sono messi in classifica?”

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2 luglio 2013