Il tormento del meccanico

Un tormento. Affondato nel sedile posteriore dell’ammiraglia, fra ruote di scorta, borracce e sacchetti di rifornimento, Simeoni non trovava pace. Bepi guidava leggero, Cottur, al suo fianco, parlava di donne. Il gruppo, davanti, pedalava pigro. Fra pochi giorni ci sarebbe stato l’incontro con le Dolomiti e la musica sarebbe cambiata. “Cos’hai, Toni, che continui a ramenarti come un ossesso?” gli chiese Giordano girandosi. Simeoni strinse i denti: “Non ne posso più” rispose sibillino e sofferente ad un tempo. Il direttore sportivo toccò il braccio destro di Bepi: “non vuole rivelare che cosa lo preoccupa… secondo te – aggiunse con un tono ironico, rivolgendosi all’autista – sta davvero male o è la nostalgia di casa?”. “ Per me finge – stette al gioco Bepi – oggi non ha voglia di lavorare. Me ne sono accorto stamattina mentre dava una mano a Clerici a preparare i panini per i corridori. Scommetto che ieri sera ha mangiato troppo e stanotte non ha chiuso occhio. Il salame che ci ha portato alla fine della cena era squisito. Piccante il giusto. Sai, a me i cibi saporiti piacciono un sacco…” “Andate in malora tutti e due e non parlatemi altrimenti ti scarichiamo e poi ti arrangi a raggiungere la fine della tappa ”più di salame” sbottò arrabbiato Simeoni, paonazzo in volto, mentre con la mano destra, furtivo, cercava di darsi una massaggiatina al sedere. “Non sta mica alzare la voce con noi, sai – lo redarguì Cottur tra il serio ed il faceto – altrimenti ti scarichiamo e poi ti arrangi a raggiungere la fine della tappa”. “Basta, non ne posso più” digrignò Toni disperato.

Una lunga e profonda grattata al didietro io calmò un po’. Questione di qualche attimo. Come il male riprese, il meccanico lanciò un urlo liberatorio: “queste emorroidi mi fanno impazzire”, svelando così il mistero di tanto dolore. Cottur diede una strizzatina d’occhi all’autista al quale erano venute le lacrime dal troppo ridere alla rivelazione dell’arcano. “Contro le emorroidi esiste un metodo efficacissimo – lo lusingò il triestino – tutti i corridori lo conoscono… “ “Aiutami, Giordano, ti prego, mi sembra di avere il culo in fiamme” lo supplicò Simeoni. Bepi, che aveva intuito dove voleva parare il diesse, lo anticipò: “scommetto che due pillole sono sufficienti” disse a Cottur fingendo indifferenza. Giordano, serio, non lo lasciò terminare: “ Due sono poche, meglio tre per essere sicuri dell’effetto”. “E siano tre “ sentenziò sotto i baffi Bepi. “Datemene quattro” implorò Simeoni sull’orlo di una crisi nevrastenica. Cottur prese il tubetto che custodiva con religiosa attenzione in tasca, lo aprì e lasciò scorrere sul palmo della mano tre minuscole palline rosse. “Ma quella è simpamina” esclamò preoccupato Simeoni alla vista delle pastiglie che conosceva per averle viste girare nel gruppo. “Sei matto?” lo corressero Bepi e Cottur all’unisono fingendo indignazione. “Datemele subito” ordinò Simeoni senza dare ai due possibilità di replica. Cottur non si fece pregare: “Tre, giù tutte in una volta, con un sorso d’acqua”. Simeoni le deglutì vorace. Non trascorsero cinque minuti. Una vampata lo percorse dalla testa ai piedi
subdola ed improvvisa.

 

Uno spiazzo per officina, sotto gli occhi curiosi dei tifosi e lo sguardo
severo del ciclista.


Per un attimo gli sembrò di perdere i sensi. Sentiva calore in tutto il corpo, anche lì dove il tormento era tortura senza fine. Sbatté gli occhi e si diede un pizzicotto. Improvvisamente il dolore sparì, come se non avesse mai morso la carne. Si mise a cantare a squarciagola, poi rivolse tutte le attenzioni ai sacchetti rossi colmi di panini e tartine di riso. Chiese a Bepi di poter guidare. L’autista e Cottur scoppiarono a ridere. Simeoni pareva tarantolato. Era impossibile tenerlo fermo. Al rifornimento prese sottobraccio tutti i sacchetti, si mise a bordo strada nell’attesa dei corridori che una decina di chilometri prima le ammiraglie avevano sorpassato. Quando spuntarono in fondo al vialone, Toni intonò: “Tieni Fiorenzo, toh Alfredo, ciapa Bresci…”. Mai visto un Simeoni così carico e pimpante, instancabile e disponibile. L’effetto finì improvviso, come era cominciato. La tappa si era conclusa da due ore e gli uomini della Wilier erano indaffarati attorno alle bici. Il bruciore infernale ritornò là dove, in effetti, non era mai sparito. Fiamme scoppiettanti, dolori bestiali. Simeoni diventò bianco come un cencio. Riprese a grattarsi sino a sanguinare, faticando a respirare. “ Ohi che male! Che spissa! Non ce la faccio più… “ Cottur gli offrì altre due pastigliette ma non fece in tempo a porgergliele. “Va in mona te e la tua simpamina” urlò disperato Simeoni brandendo una pompa a mo’ di spada. Giordano e Bepi ripararono in camera schivando i colpi che il meccanico menava a destra e a manca.

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23 luglio 2013