Tra papaveri e fiordalisi

 

La tappa s’era conclusa da poco più di un’ora con Magni vincitore solitario. Aveva percorso i 203 chilometri che da L’Aquila portavano a Campobasso in 6 ore 9 minuti e 2 secondi staccando Bresci di 17” e relegando Ferdy Kubler, la maglia rosa Koblet, Bartali e Maggini a 50”. Era stata una tappa dura e tormentata, con parecchie salite all’ombra della Maiella e l’ascesa al Macerone che aveva premiato Bonini.I meccanici, sul piazzale di una scuola elementare convertita per l’occasione in albergo, stavano sistemando le biciclette. Un lavoro paziente e meticoloso, ripetitivo, che li impegnava ogni giorno sino alle prime ombre della sera. Attorno al gruppetto della Wilier s’era creata una piccola, petulante, folla e lo spazio diventava sempre più stretto. Simeoni non riusciva quasi a muoversi; Bepi, per prendere i tubolari di scorta dal furgone dovette farsi largo roteando, a mo’ di frusta, i palmer esausti appena scollati dai cerchioni. Lavorare in quelle condizioni era impossibile. A dar man forte ai meccanici scese Giordano Cottur, dopo essersi complimentato con Magni ed aver chiamato al telefono il comm. Dal Molin per informarlo del successo. “Largo, largo – sacramentò il triestino con il suo inconfondibile accento – via, via, ostrega, lasciateci lavorare”. Nessuno si mosse. “Allora, volete slargarvi sì o no?” urlò ancora più forte. Dal gruppo, emerse un giovanotto distinto. Indossava una giacca scura.
La camicia bianca era fresca di bucato, la cravatta leggermente allentata. Alzò le braccia, richiamò l’attenzione dei tifosi e impartì l’ordine.
Come per incanto la ressa diminuì. In capo a cinque minuti il piazzale ritornò deserto. Il giovanotto si presentò: “Mi scuso per il comportamento dei miei concittadini. Sono persone candide. Non vedevano l’ora che il Giro si fermasse a Campobasso. Abbiamo passato momenti durissimi, la guerra è stata tremenda. La maggior parte vive di pastorizia o di quel poco che questa terra avara offre. La nostra gente è talmente povera che spesso non riesce mettere insieme pranzo e cena.

Il Giro rappresenta una parentesi, una festa che ricorderanno tutta la vita, come il matrimonio o la nascita del primo figlio. Stare accanto a voi, osservarvi mentre rimettete in sesto le bici, sfiorare i campioni è come vivere un sogno.” “Anche per me – aggiunse il molisano abbassando leggermente lo sguardo – il ricordo di questa giornata resterà incancellabile. Sono figlio di un farmacista e a mia volta studio all’università per continuare, in futuro, l’attività di mio padre. Qui non ci sono molte occasioni per scambiare opinioni. Raramente passano forestieri. Se non vi creo troppo scompiglio, mi piacerebbe tanto fermarmi ancora”. Non disturbò. Alla fine del lavoro lo studente in giacca e cravatta era ancora lì, rapito dai quotidiani gesti degli uomini della Wilier, intenti al solito rito. Sistemate le bici, controllati acqua e olio dell’auto e del furgone rosso amaranto, i meccanici entrarono nella scuola per cercare la “camera” loro riservata. Si ritrovarono in un’aula con i banchi accatastati l’uno sull’altro, accanto alla cattedra sghemba e alla lavagna che riportava una serie di equivalenze scritte con mano incerta da uno scolaro alle prime armi. Sul pavimento erano allineate cinque brandine militari. Lì avrebbero trascorso la notte. Bepi, pressato da un bisogno impellente, si mise alla ricerca dei servizi. In fondo al corridoio trovò il bagno o, meglio, quello che avrebbe dovuto essere il gabinetto. Prese coraggio e aprì la porta. Una zaffata gli tolse il respiro. In qualche modo “fece”. La sera, prima di addormentarsi si rivolse a Cottur, già steso sul lettino di fortuna accanto al suo. “Giordano, domani mattina mi alzo alle cinque. Se vuoi venire con me…” La sveglia trillò puntuale. Bepi e Giordano, senza far rumore, si alzarono e guadagnarono il cortile della scuola. Salirono sull’ammiraglia salutati dal primo sole. Un quarto d’ora più tardi erano in mezzo ad un campo, lontani dalla città, coi pantaloncini calati. “Scaricarono” tra papaveri e fiordalisi. Mai liberazione fu più felice ed attesa.

 

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30 luglio 2013