Un’impresa da raccontare

Dieci chilometri, cent’anni e mille aneddoti separano la Wilier Triestina di oggi dallo spartano laboratorio in cui Pietro Dal Molin diede vita ai suoi primi cavalli d’acciaio. Una storia lunga e palpitante che scandisce l’evoluzione sin dai suoi albori della bicicletta, nella società e nello sport. Dal dopoguerra ad oggi il marchio Wilier Triestina e il suo simbolo, l’alabarda, sono associati all’agonismo che infiamma le folle. Era così ai tempi di Cottur, Bevilacqua e Magni, lo è stato con Pantani e Rebellin, lo è oggi con Cunego. Ma la Wilier non è solo questo. Dietro ai cimeli che narrano di avvincenti imprese sportive esiste un’organizzazione imprenditoriale cresciuta di anno in anno sino ad essere oggi una delle realtà industriali più affermate al mondo in questo settore. La progettazione e la ricerca sono incessanti: nei materiali, nelle applicazioni meccaniche, nelle geometrie e nelle grafiche, nelle strategie di marketing. Dallo stabilimento della Wilier Triestina, in via Fratel Venzo a Rossano, escono ogni anno oltre 11 mila


biciclette, dirette per il 50 per cento all’estero: Europa, Stati Uniti, Canada, Estremo Oriente, Australia. Nel 2003 la famiglia Gastaldello ha dato vita ad un progetto di ampliamento dell’edificio, passato così agli attuali 5.400 metri quadri di superficie utile. Una fabbrica moderna e funzionale, che ospita al piano terra un’ampia area dedicata al magazzino e gli spazi per gli uffici direzionali, amministrativi e commerciali. Al piano elevato trova posto il reparto produttivo. I gioielli con l’alabarda prendono forma qui. Sul banco di lavoro finiscono gli studi ingegneristici, i test nella galleria del vento, i ritrovati tecnologici più audaci, che a nulla servirebbero senza il gesto antico di mani esperte brunite dal grasso. Proprio come quelle di Pietro Dal Molin quando, cent’anni orsono, armeggiando sulle sue prime creature a pedali, senza saperlo dava vita a una leggenda.


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20 dicembre 2013