posted: 08/04/13 at 11:44 am

TUTTE LE SALITE DEL MONDO #10 | MOTTARONE

By: Ufficio Marketing
Categoria: Storie
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Quarta uscita in bici della stagione. E’ arrivato il momento di provare a fare la prima salita. Destinazione Mottarone, 1491 metri, con circa 1.300 metri di dislivello. MottaroneLa montagna dei due laghi, sopra Stresa, in provincia di Verbania. La montagna da dove, arrivati quasi in cima, quando finisce la “salita tosta” e si gira per l’ultimo strappetto, si vede da un lato il Lago d’Orta e dall’altro il Lago Maggiore, che si lascia dietro le spalle. Quando il cielo è pulito da qui di laghi se ne possono vedere ben quattro, con gli altri due piccini della zona, il Lago di Monate e il Lago di Comabbio.

L’idea l’ho buttata giù la domenica mattina di Pasqua nel parcheggio di casa, con due amici di ritorno da un giro in bici. “Martedì non vado al lavoro. Se non piove vado a fare il Mottarone. Se volete…”.

I due amici mi hanno preso sul serio. Sono qui, alla base della salita con il mio vicino di casa Enrico Alberti, motociclista addict e fumatore indomito, che quest’anno ha deciso di concludere il giro dei 4 passi del dolomitibikeday sui pedali, senza motore per una volta ma facendo girare le gambe, ed Eros, imprenditore ed ex calciatore, altro ciclista convertito dopo qualche guaio al cuore che dopo un caffè prima di partire mi confida: “Tre anni fa mi hanno messo quattro stent al cuore. Il dottore mi ha detto che posso andare in bici senza strafare”. Oddio e ora come faccio, mi dico mentre me lo racconta, con una sensazione di leggera paura per quello che ci aspetta prima di arrivare in cima. In fondo l’idea è stata mia. Non voglio avere sulla coscienza nessuno. Certo, non è la fine del mondo il Mottarone come salita ma non è neanche una passeggiata. Qui si allenava spesso Ivan Basso, in solitaria, nel periodo di stop forzato dalle corse.

La strada Borromea, quella che faremo, che sale da Stresa e attraversa boschi di conifere su su fino in cima al monte, è stata inaugurata nel 1948. MottaronesalitaDa allora probabilmente non è stata mai riasfaltata. E si vede. Oltre alla fatica, la difficoltà maggiore dell’ascesa del Mottarone sta proprio nel fondo stradale. Bisogna avanzare con i radar negli occhi facendo molta attenzione per non finire nelle crepe e nelle buche dell’asfalto che si aprono di sovente, una mini Parigi-Roubaix senza pavé. Partiamo piano in agilità, con il cuore che non va al massimo, controllando i battiti in tempo reale con il Garmin. Mai come ora mi dico che non è il caso di scherzare. La salita è impegnativa, soprattutto nel primo tratto non appena ci si immette nella via che attraversa le ville che danno sul lago e che sale su fino – il nome non smentisce l’erta – la fatidica Alpino, frazione di Gignese. Davanti agli occhi si apre un panorama mozzafiato: il lago Maggiore, l’Isola madre, l’isola Bella, la catena delle Alpi ancora imbiancate.

La rampa, nel tratto più impegnativo, ha una pendenza media del 13% con alcuni tratti che raggiungono quasi il 18% mi dice Enrico mentre macina sui pedali un po’ spaventato dal muro che si trova davanti e da quello che potrà arrivare oltre la curva. Ma ce la fa. Alpino2Salgono tranquilli, faticando felici stramaledendo il mondo per scherzo e chi ha avuto la bellissima idea di portarli qui. Fatico anch’io ma pensavo peggio sinceramente, segno che sono già abbastanza allenato per via della corsa e del nuoto che durante i mesi invernali ho sempre fatto. La mia frequenza cardiaca varia dai 120 ai 140 battiti al minuto. I miei soci sforano i 160 battiti nei punti più duri. La cosa bella di questa salita, a parte l’asfalto malconcio è che raramente passano auto perché la strada è privata e per percorrerla bisogna a un certo punto pagare un ticket come in autostrada (c’è un vero e proprio casello con tanto di sbarra: pagano tutti tranni i ciclisti e chi passa a piedi). Così gli unici rumori sono quelli degli uccelli, degli animali, delle piante, dei rapporti e della catena… Uno spettacolo. Tra un tornante e l’altro attraversiamo i boschi di abeti che ci celano il sole ancora timido in questo periodo dell’anno. D’estate deve essere bello salire protetti dall’ombra, ora un po’ meno. Ma non fa freddo. E’ una bella giornata tersa. Avete presente quelle dopo l’ultima neve, con i bucaneve che sbucano dalla terra ancora bagnata? Così. Continuiamo a pedalare e a salire in questo rito iniziatico verso la fatica, Un’ascesa fisica e interiore verso il nostro obiettivo.

Per i miei amici è la prima salita impegnativa della loro storia ciclistica. AlpinoSono – lo sento – un po’ in ansia da prestazione e hanno paura di non farcela ad arrivare in cima. Io l’ho già fatta questa salita qualche anno fa, da solo, in solitaria come mi capita spesso di fare nei miei giri pazzi di allenamento da eremita ascetico. Quando si pedala assieme ad altri è un po’ diverso perché si divide la fatica e l’esperienza della strada ti accomuna, ti lega. Basta poco per cementare un’amicizia sui pedali. Ci si sente gruppo. Per un po’ di tempo si è condiviso un tratto di strada, che come sempre – almeno per me, per come la vedo io. È fisica ma anche esistenziale. C’è sintonia tra noi e, anche se con motori diversi saliamo tutti, in silenzio, in un unico gruppo. Enrico sbuffa un po’ ma sale, Eros va meglio del previsto, si controlla e non porta mai fuori giri il suo motore: nei tratti più impegnativi rallenta un po’ e continua con il suo  passo, ma poi ci riprende.

Passato il casello dove si paga il ticket, c’è un tratto in leggera discesa. Alcuni minuti per tirare il fiato prima dell’ultima lunga salita, lunga con tornanti che si aprono tra i boschi, fino al punto in cui si scollina e si vedono i due laghi. La stanchezza comincia a farsi sentire anche per me. Per essere più leggero non ho portato niente da mangiare. Solo una di quelle bustina liquide di energia a presa rapida che per me non sono il massimo. A un certo punto, troppi liquidi, l’ho sperimentato più e più volte e anche durante l’Iron man, mi fanno star male e ho bisogno di mangiare qualcosa di solido: panini, biscotti, cose così, ma non ho niente dietro… Continuo a pedalare gustando il pensiero dell’arrivo, di quella sensazione leggera che si ha quando si è raggiunta la vetta, un qualsiasi risultato che ci si è prefissi. E anche pensando che oltre, dopo l’arrivo, dopo la discesa, dopo il ritorno a casa, ci sarà magari ad aspettarmi un piatto di spaghetti fumante. Avete presente?

Nell’ultimo tratto la pendenza torna a salire, tra i boschi fitti di abeti che non lasciano entrare i raggi, i tornanti, le Fonte Vitaliana che si incontra a un certo punto Arrivomottaronesulla destra. Siamo circondati dagli alberi e non si vede nessun panorama. E’ dura. Ma continuiamo tutti e tre la nostra silenziosa danza a pedali. Fino al bivio con la provinciale che sale da Armeno, un tornante che si apre sul versante piemontese, il lago d’Orta, la pianura novarese sullo sfondo a perdita d’occhio. E’ finita. Siamo arrivati, o quasi. Dai Enrico, dai Eros. La strada si apre verso un ultimo duro chilometro con pendenze ancora superiori al 10% fino ad arrivare alla base della località sciistica del Mottartone, il piazzale di partenza degli skilift che hanno smesso di funzionare domenica scorsa. Una turista tedesca spaesata prova a farci una foto ricordo con la targa del Mottarone dietro di noi. Traffica con il telefono e dopo qualche tentativo riesce a scattare. Attorno a noi neve, banco, sole, cielo terso, qualche famigliola in gita. Abbracci. Sorrisi. Mottarone conquistato.

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