posted: 15/04/13 at 11:46 am

TUTTE LE SALITE DEL MONDO #11 | IL TEMPO INTERIORE

By: Ufficio Marketing
Categoria: Storie
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Il viso segnato dalla fatica. Emana calore. Schizzi di fango sulla pelle. E gli occhi che sembrano voler uscire dalle orbite.  Fabian-cancellaraTi cambi – bisogna cambiarsi subito, dopo uno sforzo prolungato come quello di oggi – per non restare bagnato, madido di sudore. Non c’è indumento tecnico che tenga dopo 4 ore di allenamento a 35 all’ora. Ma non basta. Ti cambi. Ti copri. Il freddo non passa. Tiro fuori anche la mantellina per la pioggia che non ho usato. La indosso: ho ancora freddo. Devo mangiare qualcosa. Intanto provo a sedermi a terra per qualche istante. Mi torna in mente l’immagine di Fabian Cancellara disteso a terra distrutto, ma felice, dopo la vittoria della Roubaix.

È come se dopo esser stati acrobati – lui sul pavè a 50 e passa all’ora controvento, da solo contro tutti a tirare come un mulo per più di 60 km – su due ruote, l’unica cosa che si desidera è riprendere il contatto con la terra. Mettere i piedi a terra. Capisco, nel mio piccolo, quello che deve aver provato il campione svizzero in quel momento.  Ci si sente deboli, quanto a forze fisiche. Indifesi. Con un po’ di brividi che fanno compagnia. Ma, non so come dire, forti dentro. Leggeri. Svuotati dai pensieri e dalle preoccupazioni. Non ci sono pensieri nella mia mente. Faccio fatica perfino a tirar fuori le parole o con gli occhi a soffermarmi su ciò che mi passa davanti. È una sensazione di vuoto, di assenza, ma anche di pienezza. Sorta di nirvana. Pace interiore.

Mi sento svuotato dalle preoccupazioni, come staccato dalle piccole e grandi ansie quotidiane. Le cose da fare scritte sull’agenda, giorno dopo giorno. Le mail che arrivano una dopo l’altra e la necessità – inutile – di guardarle dopo un istante. È un vuoto che è pieno di questa sensazione. Come un bicchiere trasparente che fa posto a un buon vino rosso. Come una donna che accoglie l’uomo amato nel suo ventre. Come una chitarra che aspetta di essere suonata. Come l’attesa per qualcosa che sarà. Che sarà, prima o poi… Dopo questo attimo perfetto. Ma che ancora non è. E in questo attimo, in questo istante, come diceva quella canzone popolare napoletana, non mi importa del passato, non mi importa del futuro. Importa solo questo momento. Sereno come questa giornata.

Tutti noi siamo immersi nella cultura della prestazione ad ogni costo. Già da bambini, senza accorgercene  siamo imbevuti di questa ricerca prestazionale. Bisogna essere i primi a scuola. I migliori in quello sport. I più bravi, i più buoni. E poi c’è il lavoro, il miraggio della carriera, quello del successo per i personaggi pubblici, il miraggio del potere per i politici e i manager. Sempre con questa tensione innaturale per l’essere umano a primeggiare sull’altro. Ed è incredibile come l’uomo contemporaneo sia pieno di rumori…

Basta fare un po’ di sport o anche semplicemente una passeggiata per ritrovare questa dimensione di ascolto, per riuscire a fare spazio e ritrovare il tempo interiore. Ritrovare il piacere di fare una cosa senza altri fini, come nel mio caso pedalare per tanti chilometri, correre o nuotare. Non per arrivare primi. Ma per il semplice piacere di farlo. Puntando a un obiettivo che è la spinta per decidere di allenarsi. Un po’ come gli antichi greci che cercavano, studiavano, per il piacere della conoscenza.  Ebbene, io voglio fare sport per il piacere di farlo, per poter provare ancora, dopo la fatica, questa bellissima sensazione di serena libertà.Vittoriodanielaeio

Questa mattina, per la cronaca, ho fatto, assieme a mio fratello Vittorio – il vero ciclista della famiglia, con un passato da dilettante e che ha ancora, nonostante gli anni, il colpo di pedale per arrivarmi un palmo avanti sempre – e assieme a Daniela, una triathleta incontrata per caso (“non è un gran periodo per me, mi sto separando e ho mia mamma in ospedale”: …e allora pedala per stare meglio) una lunga cavalcata sulla pista ciclabile del Naviglio grande, costeggiando i canali fino su a Nord, Boffalora, Turbigo, Vanzaghello, fino alla vecchia centrale elettrica con le salitelle che portano sul Ticino.

Il Naviglio è la mia casa, conosco tutte le buche, i passaggi dove bisogna aprire gli occhi… passo da qui, più volte a settimana, per andare al lavoro, con la bici da corsa. E allenarmi allegramente, mentre dall’altra parte del canale, sulla strada, file di auto nervose e fumanti aspettano al semaforo rosso, in colonna, di essere inghiottite dal lavoro e dalla grande metropoli.

L’allenamento in cifre su Garmin Connect.

One Response to “TUTTE LE SALITE DEL MONDO #11 | IL TEMPO INTERIORE”

  1. paolo ha detto:

    Grande..stesse sensazioni

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