posted: 22/05/13 at 03:10 pm

TUTTE LE SALITE DEL MONDO #21 | LA MAGLIA NERA.. DEL MISSILE

By: Ufficio Marketing
Categoria: Storie
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Dal libro del centenario della Wilier Triestina, Santecaroloriporto questa bella pagina di storia del ciclismo, dedicata alla maglia nera, alle epiche battaglie per arrivare ultimi, nel Giro d’Italia del 1949, gli anni del primo dopoguerra, quando la tivù non c’era ancora. Il Giro allora era seguito dalla radio, le voci e i racconti delle tappe lontane suscitavano fantasie, sogni e rivalità. Le sfide e le imprese di Coppi e Bartali. Quelle di Fiorenzo Magni, il terzo uomo. Ma anche le sfide al contrario di Luigi Malabrocca e Sante Carolo per arrivare ultimi, entro il tempo limite, e portare a casa una maglia nera, nerissima, oltre a un po’ di notorietà, tanta simpatia, un premio in denaro e… qualche mangiata nelle osterie incontrate a fine corsa. Una battaglia che continua ancora…

“Il furgone, guidato dal mobiliere Romano Dal Lago, aveva lasciato Montecchio Precalcino alle 5. Nel cassone, assieme a tavoli, sedie e generi di conforto, con l’immancabile damigiana di vino rosso erano state caricate anche le bici. Poco prima delle otto, passata Arabba, il mezzo s’inerpicava già lungo i tornanti del Pordoi, alla ricerca di una piazzola. C’erano centinaia di tifosi lungo la strada e non fu facile trovare il posto adatto. Romano, occhio allenato, notò un piccolo spiazzo a bordo strada. Mise la freccia e accostò. In capo ad un paio di minuti tutto il materiale era sull’erba.

In quattro e quattr’otto venne imbandita una lunga tavolata ed i bicchieri cominciarono a riempirsi e a vuotarsi alla velocità della luce. Il sole giocava a nascondino con le Dolomiti, bucando i rari cirri a spasso per il cielo azzurro.

Pane e salame sparirono nelle bocche affamate.

I corridori sarebbero passati davanti alla postazione non prima di sei ore. Per ingannare l’attesa Romano invitò gli amici che lo avevano seguito in auto ad una sgambata in bicicletta. Indossata la divisa verde della “Unione Sportiva Fausto Coppi”, la società ciclistica del paese dedicata al campionissimo, il gruppetto si mosse. In testa si pose Romano per scandire il passo. Dietro di lui, sgranati, gli altri. A chiudere la fila un tipo simpatico, dal volto rubicondo ed i capelli rossi che cominciavano a prendere l’argento.

‘Andiamo fino al Campolongo – urlò Dal Lago – chi arriva ultimo paga da bere a tutti’.

Lungo la salita dovettero fare i conti con gli sfottò della gente, ormai una fiumana, e con la pendenza generosa che metteva a dura prova gambe e polmoni. In meno di un’ora l’allegra brigata, stanca e provata, era già di ritorno. Chi era rimasto di sentinella al campo individuò le maglie verdi in fondo ad Arabba e diede l’allarme: ‘Stanno tornando, eccoli’. Ebbero il coraggio di imbastire una volata, rischiando cuore e pedivelle. Quando pareva che il ciclista dal volto rubizzo stesse per farcela, mollò tutto e si lasciò sfilare dagli amici. Chiuse in ultima posizione.

‘Su queste rampe non potevo fare diversamente. 35 anni fa mi comportai esattamente così – spiegò – guai a chi mi tocca questo primato’. Agli spettatori increduli, che nel frattempo avevano trovato posto attorno al tavolo confidando nella generosità della“sentinella”, offrì soccorso Romano Dal Lago, che svelò l’arcano.

‘Questo signore – disse indicando l’uomo dal volto rubizzo – è Sante Carolo, il corridore della Wilier Triestina che nel 1949 vinse la maglia nera, battendo nientemeno che Luigi Malabrocca’.

Sante rise di gusto. ‘Mamma mia quanta fatica per arrivare ultimo. Malabrocca, che noi chiamavamo il “cinese” per via dei tratti orientaleggianti del volto, mi fece patire le pene dell’inferno pur di classificarsi alle mie spalle, inventandosi ogni giorno qualcosa di diverso. Arrivò al punto di nascondersi in una cisterna per l’acqua, fortunatamente vuota ma con il coperchio, pur di non far vedere che s’era fermato. Io viaggiavo con due orologi attento a non finire fuori tempo massimo’.

Carburato dal vino e dai ricordi, Sante Carolo non si fece pregare per continuare con gli aneddoti. ‘Fui invitato al Giro all’ultimo momento, perché un compagno s’era ammalato alla vigilia della partenza per Palermo. La mia preparazione era sommaria poiché non m’aspettavo di essere scelto per il Giro. Partii stringendo i denti, convinto che se avessi superato la prima tappa, sarei riuscito a raggiungere il traguardo finale trovando per strada la forma che mi mancava’.

Ogni sera, nelle città che ospitavano gli arrivi di tappa, andava in onda “Giringiro” una trasmissione  radiofonica condotta da Isa Bellini e Silvio Gigli, che conobbe vasta popolarità. Tra un’intervista a Coppi e una a Bartali, riservava ampio spazio anche alle imprese dei gregari, invitando gli ascoltatori a mettere in palio premi per gli ultimi del gruppo.

‘Arrivarono al punto di dedicarmi una canzone che faceva così: ‘Sul Col di Nava, sotto le stelle, passa Carolo mangiando frittelle’. Un motivetto facile facile, di presa immediata, che la gente mi cantava quando passavo…’.

Nell’immaginario collettivo il gregario, dopo aver aiutato il capitano fin dove lo sorreggevano le forze, tirava i remi in barca e cercava di arrivare al traguardo senza sforare il tempo massimo, evitando il buio e le stelle… Carolo si bloccò. Gli occhi piccoli e lucidi. Questione di un attimo. Si riprese subito. ‘Oggi Francesco Moser sputerà anche l’anima per tenere la maglia rosa. Fignon non è un tipo che s’arrende facilmente’. Cambiò discorso, portandolo sulla tappa dolomitica di quel giorno per non farsi vincere dalla commozione. Ma poi cedette. ‘Che tempi, ragazzi, e che fatica. Le strade erano sterrate e le tappe lunghissime. C’era il rischio, se non stavi attento, di arrivare col buio. Imparai a difendermi dagli attacchi di Malabrocca. Alla fine la maglia nera fu mia…’ (…)

 ‘Quello del ’49 fu il mio primo e unico Giro d’Italia. Tornato a casa lasciai la bicicletta e partii per la Svizzera assieme a mio padre per lavorare come muratore…’. Una carriera brevissima, sempre viva nel ricordo degli appassionati per via della maglia nera che lo rese famoso”.

‘Sul Col di Nava, sotto le stelle, passa Carolo mangiando frittelle’

Due settimane fa mi sono trovato intrufolato, mio malgrado, in una gara al contrario tra due contendenti per la Maglia nera. Scenario: la Granfondo delle Valli bresciane. 160 chilometri, gran parte di salite, su è giù per le valli bresciane con 3mila metri di dislivello e passa. Sono arrivato al mattino per iscrivermi ma non è stato possibile. Dopo una ventina di minuti in coda davanti al tavolo delle iscrizioni, con il tipo, l’unico, che doveva distribuire i chip e che impiegava 5 minuti per attivarne uno davanti a una ressa di una trentina di persone in attesa, ho rotto gli indugi, consigliato da una dell’organizzazione imbarazzata dal ritardo. “Falla lo stesso, anche se non hai il chip e senza numero”. Così bello bello mi sono messo in fondo al gruppo degli amatori, staccato di qualche decina di metri da quelli che il numero ce l’avevano… e sono partito con gli altri, da clandestino del pedale…

Nove, dieci salite, una dietro l’altra, senza neanche un metro di pianura per riprendere fiato, con le discese che passano in un attimo.

Questa Granfondo fa parte di un circuito che mette in palio, per chi ha più regolarità e colleziona i piazzamenti migliori in più gare come questa, la maglia di leader, il vincitore e la maglia di leader all’incontrario, la maglia nera.

Un mio compagno di squadra – la Brontolo Bike di quel fenomeno di Andrea Noè, avete presente? Il più longevo tra i pro italiani e ancora, record imbattuto, Maglia rosa più “vecchia” di sempre al Giro d’Italia – a cui mi sono iscritto per poter partecipare alle Granfondo di Tutte le salite del mondo. Scusate, ho perso il filo… Vallibresciane2Dicevo, un mio compagno di squadra, il mitico Maurizio Manara detto “Missile” gareggia per il circuito delle Granfondo lombarde e sogna di portare a casa questa benedetta Maglia nera. E’ secondo nella classifica generale perché all’ultima gara uno andava così piano che si erano dimenticati ci fosse ancora. E’ arrivato al traguardo che stavano smontando tutto. Pochi minuti prima di togliere il tappetino con il cronometro. E Missile, che pensava di aver portato a casa il risultato, è rimasto spiazzato, a sorpresa: è “solo” penultimo o secondo, a seconda da dove si guarda la classifica.

Oggi gli ho promesso che lo aiuterò a far andare veloce il suo avversario. Giocheremo di tattica. Lui ora è più avanti nel gruppo. Io sono partito in fondo in fondo e non lo vedo. Provo a risalire le posizioni anche se non è facile perché il primo tratto di gara, diciamo una 20ina di chilometri del fondovalle, è in pianura, con dei saliscendi leggeri e davanti vanno come dei matti. Il mio Garmin Edge segna 38 km/h, e poi 40, 43 km/h (!!). Ma dove vanno così veloci? Faccio fatica, ma risalgo l’ultimo spezzone di quello che una volta era il gruppone. A un certo punto intravedo la sagoma inconfondibile di Missile, la maglia giallo flou dei BrontoloBike, quella che indosso anch’io. Missile mi indica, davanti di una decina di bici, l’odiato rivale: la Maglia nera da marcare a vista. Il mio obiettivo. Mi avvicino per che vedere chi è, come va e per capire quali sono le sue intenzioni… E’ un signore sui 60 anni, pedala allegramente a 40 all’ora e mi racconta che e’ li’ per difendere il suo primato, con i denti e con le mani: farà di tutto per arrivare dopo il Missile. Insomma una vera sfida all’Ok Corral, all’ultimo sangue. Guanto di sfida gettato.

Mentre parlo con la Maglia nera e penso alla tattica per farlo correre un po’ più del previsto mi accorgo di aver perso di nuovo di vista Missile. Mi sembra sia andato avanti. Sono rimasto  solo di nuovo. Difficile fare il gregario di un capitano che non sai dov’è…

Gioco forza continuo le mie pedalate per le valli bresciane mentre la strada comincia, finalmente, a salire. La velocità del gruppo diminuisce subito: in salita non funziona la scia e i valori vengono fuori: se non ne hai più, una curva, poi un’altra e ti sfili.
Salgo in agilità e recupero posizioni ma il Missile non riesco a prenderlo. Chissà dov’è finito.

La salita è lunga e dopo lo sprint forsennato dei primi km in pianura si sente già la fatica nelle gambe. Il panorama attorno è incantevole. Sulla sinistra si vede l’ovale del Lago d’Iseo. Non appena ci si allontana dalla vallata e si risale la prima collina il quadro cambia. Il verde domina su tutte le sensazioni e su tutti i colori. Intervallato da piccoli borghi, frazioni, campagne. Più si sale e più i paesini somigliano a borghi montani delle Dolomiti. Una scoperta.

A un certo punto raggiungo un’altra Maglia nera. Ma quante Maglie nere ci sono in questa gara? Difficile “curarle” tutte. Mi colpisce la sua bici, rara da vedere, una Protek, piccolo costruttore artigianale che dalle mie parti, in Abruzzo, si è specializzato nei telati da ciclocross e nelle mtb in alluminio. La Maglia nera che pedala accanto a me è più giovane di quella incontrata prima. Si chiama Luca, Luca Conte da Bucchianico, Lucaed è un atleta della Peperoncino Team, squadra di triathlon tra le più forti d’Italia. Lui si sta preparando per l’Ironman di Zurigo, il suo obiettivo dell’anno. Farà l’Ironman 70.3 di Pescara tra qualche settimana e la domenica prova a correre le Granfondo per allenarsi un  po’ dopo una settimana di ufficio. Ha un bel modo di concepire lo sport Luca. Passione, piacere, fatica. Senza badare troppo al tempo.

Mi spiega che nel circuito delle Gran fondo lombarde ci sono ben due Maglie nere. Una Maglia nera per l’ultimo classificato nel tratto medio. E un’altra Maglia nera – lui – per l’ultimo nel tratto lungo. L’ha presa per caso la volta scorsa perché è arrivato un minuto prima della fine del tempo massimo, quando nessuno lo aspettava più. Missile compreso.

Continuiamo a pedalare affiancati in salita. Io rallento un po’ il passo per stare con lui, ma non mi dispiace salire con più calma e conoscere un po’ di più Luca. Vale più un rapporto umano o un minuto in meno nel tempo finale?

Abbiamo fatto le stesse gare, veniamo dalla stessa terra, Luca2l’Abruzzo forte e gentile, e abbiamo condiviso le stesse sensazioni senza saperlo… Il primo Ironman 70.3 a Pescara nel 2011, quello con il terribile temporale dopo la salita del campo sportivo di Penne – Linus che faceva la frazione di bici quel giorno racconta che si fermò dentro il garage di un vecchietto perché non si vedeva più niente, fino a quando la pioggia non finì… Ora Luca farà Zurigo, l’Ironman che ho concluso lo scorso anno, che ha una salita con un nome che è tutto un programma: the Heartbreak hill, la collina dell’infarto…

Ci fermiamo al primo ristoro. A riempire le borracce e a mangiare qualcosa, anche se non ho fame, per non andare in riserva prima del tempo. I primi non si fermano neanche. Gli amatori convinti, di seconda fascia diciamo, trangugiano qualche cosa e ripartono al volo senza neanche quasi poggiare i piedi a terra. Noi no. Ce la prendiamo con calma. Senza ansia. Per me è un allenamento in vista del mezzo Ironman al Challenge di Rimini e di altre tante, troppe, salite che verranno. Eppoi Luca è pure la Maglia nera. Dovrà pure guadagnarsela rallentando un po’ e fermandosi più del normale.

A un certo punto dalla salita arriva arrancando la sagoma inconfondibile del Missile Maurizio, la fascia da pirata sotto il casco la maglia fluorescente dei Brontolo Bike. Gli presento la Maglia nera, il suo rivale diretto. E la gara diventa una comica. Giocano a prendersi in giro e a punzecchiarsi sulle strategie e le tattiche per conquistare il primato.

Si riparte tutti e tre assieme, mentre i due contendenti continuano a stuzzicarsi tra una curva e l’altra. Ritrovato il Missile mi metto diligentemente a servizio del capitano. Lo scorto in discesa e lo precedo, quando riesco, in salita per aiutarlo nel passo. Il Missile nonostante l’età – tra pochi giorni compie 60 anni – e qualche chilo di troppo è davvero un tipo tosto. Polpacci gonfi. Mette giù la testa e sale, sale. Al suo passo. Lento magari. Ma non molla mai.

La sfida con Luca diventa da subito complicata. Al primo strappetto la Maglia nera si stacca. E sale con il suo passo da lumaca. Anche volendo è davvero difficile andare piano come lui. Missile è davanti e non si dà pace:

-“Non riuscirò mai ad arrivare dietro di lui”.

Gli ricordo il “metodo Malabrocca”: fermarsi in un’osteria, nascondersi dietro un fienile…

– “… Oppure potremmo fare che tu ti fermi a 1 km dall’arrivo, io vado al traguardo e torno indietro a prenderti  quando mancano pochi minuti al tempo massimo”.

Ai piani di Mura (non so perché si chiamano piani) la pendenza in un tratto supera il 16%. Devo fare attenzione salendo sui pedali a mettere il peso avanti sennò rischia di alzarsi la ruota davanti… La Maglia nera è lontana, dietro di noi, e anche l’obiettivo di indossarla per Missile sembra irrangiungibile. Luca dei Peperoncino team è imbattibile: difficile andare più piano di lui.

Il tempo comincia a peggiorare mentre continuiamo a macinare pedalate su pedalate lungo le salite delle vallate bresciane. A ogni bivio, Missile invita i volontari della Protezione civile che fermano il traffico a gettare chiodi per fermare la Maglia nera. Lo dice per scherzo. Ma a un certo punto il destino ci mette lo zampino. Vediamo Luca passare, su un furgone. Ci saluta e dal finestrino racconta che dopo la seconda foratura ha deciso di mollare. Ritirato.

Fuori piove ma per Missile è tornato il sereno. MaglienereParte a tutta sull’ennesima salita di questa interminabile Granfondo e mi stacca. Il campione va in fuga. E stacca il suo gregario che ha finito il suo lavoro. Comincia a far freddo e a grandinare. Non mi va di prendere acqua, non voglio ammalarmi e al km 116, quando ne mancano ancora una trentina all’arrivo e un paio di salite e discese da affrontare sotto l’acqua, getto la spugna. Chiedo ai ragazzi del carro scopa se vale anche per chi non è formalmente iscritto. Mi fanno salire. E dopo di me lungo la strada raccogliamo una decina di ciclisti bagnati come pulcini. Una ragazza di Parma, che l’anno scorso ha fatto l’Oetztaller, la più tosta di tutte, è l’ultima a salire a qualche km dall’arrivo. Troppa acqua. L’unico a non fermarsi è Missile. Che supera la pioggia, la grandine e arriva dopo un paio d’ore, quando hanno già tolto il timer dall’arrivo, con i ragazzi che smontano le impalcature e il sole che risbuca tra le nubi nere…

– “Comunque vada, se arriva in fondo – dico al suo amico fidato Santino – anche se fuori tempo, Missile ha vinto la sua gara. Ha vinto la Maglia nera”.

A un certo punto appare all’orizzonte, una bici e una maglia gialla… Si immette nel rettilineo dell’arrivo, alza le mani. Il giudice che ha appena smotato tutto si rende conto della piccola grande impresa del mio amico Missile. Prende la penna. E scrive il suo numero all’ultimo posto nel tabulato degli arrivi. Bravo Missile, Carolo e Malabrocca sarebbero fieri di te. Meriti i baci delle miss che non ci sono più. Te ne darà uno stasera tua moglie, prima di prendere sonno.

Gran Fondo Valli Bresciane. I dettagli della mia prova su Garmin Connect

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