posted: 05/06/13 at 02:51 pm

TUTTE LE SALITE DEL MONDO #25 | IL MIO CHALLENGE DI RIMINI/2

By: Ufficio Marketing
Categoria: Storie
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(continua) …il cambio della prima frazione, tra nuoto e bici, e’ una questione di attimi. Con il fiatone e ancora l’acqua e le onde nella mente e negli occhi. Devo restare lucido e concentrato sulle cose da fare, in fretta, per non sbagliare nulla. Il numero da indossare con l’elastico sulla schiena. Il casco. Le scarpette da ciclismo.

Massimo Cigana, campione italiano in carica di triathlon lungo, che e’ gia’ partito da una ventina di minuti con gli altri campioni, ieri mi ha consigliato di coprirmi, visto il tempo, anche a costo di perdere qualche minuto. Cosi’ sopra al body indosso una maglia da ciclismo della Wilier. Nelle tasche solo qualche barretta di cereali, 2 bustine di zuccheri liquidi e soprattutto i guanti in pile, pensando al peggio del peggio che puo’ capitare, durante la discesa. Decido all’ultimo secondo di lasciare la mantellina qui: se piovera’ pazienza. A Est inaspettatamente sembra aprirsi qualche spiraglio di azzurro cielo. Via. Esco di corsa, spingendo la bici con una mano, il casco addosso, dalla zona cambio e poi salgo sul sellino al volo. Lo scorso anno rischiai di fare un incidente con un altro ciclista all’inizio della frazione in bici all’Ironman di Zurigo. Si e’ goffi nelle prime pedalate. Si viene dal mare e dalla corsa. Movimenti diversi e devi  cominciare a pedalare. Facile sbandare nella foga e non accorgersi di chi hai vicino. Per questo prima di salire in bici mi sposto da un lato, dove vedo aprirsi un varco. E comincio ad andare. Alla mia velocita’: 33, 35 kmh… “Persevera in agilita’”, ricordo l’Sms di Claudia come un karma, incurante di quelli che passano a 40 all’ora, con il casco da cronometro e le ruote lenticolari. “Persevera, in agilita’”.

La cosa interessante dell’Ironman rispetto alle Gran fondo e’ che e’ vietata la scia. Non puoi – se sei onesto – attaccarti alla ruota di nessuno. Devi andare avanti da solo. Trovare la forza, dentro di te (che c’e’, da qualche parte, dentro ognuno di noi). Pedalata dopo pedalata. E questo mi piace.

Se vai veloce e devi passare qualcuno che trovi davanti devi spostarti sulla sinistra e poi rientrare. Allo stesso modo, se qualcuno ti passa devi continuare sulla destra fino a quando non ha finito, evitando di corrergli dietro.

Usciamo da Rimini da strade secondarie meno trafficate e cominciamo a salire nell’entroterra, tra campagne Verdi e piccoli paesi. Per fortuna non piove.

Le colline sopra a Rimini sono una scoperta. Verdissime in questa stagione. E poco toccate dall’edilizia selvaggia  da geometra che invece ha cementificato la costa. Gli occhi spaziano in un panorama bucolico che si apre su colli dolci e campi coltivati e piccolo borghi nascosti da boschi. In lontananza si vede il mare. Attraversiamo Montescuro, Fratte di sassofeltro, Monte Grimano terme. Il Garmin segna pendenze del 12-14% in alcuni tratti: piu’ che una gara di triathlon veloce sembra una granfondo alpina questo percorso. Continuo a pedalare con i km che sembrano non passare mai. Segno che la stanchezza del fisico, di muscoli, nervi, vene, tendini, comincia a lanciare messaggi di S.o.s. alla mia mente. Continuo… La prima parte della gara, piu’ o meno fino al km 45, e’ quella piu’ dura con 4 salite da affrontare, una dietro l’altra. Arrivati su, si scende e comincia un lungo percorso in discesa, tra falsopiano in discesa e pianura fino a rientrare a Rimini.

Dopo circa 3 ore e mezza di pedalate, come avevo calcolato prima della gara, arrivo sul lungomare. C’e’ il sole e fa caldo. Tantop che si potrebbe andare in spiaggia… Lungo la strada ho conosciuto diverse persone. Enrico di Modena che mi ha raggiunto a un certo punto, mi ha detto che aveva letto delle mie storie sul blog, di tutte le salite fatte e di quelle che faro’. Mi chiede se mi sto risparmiando la gamba, aspettando altre salite e altre gare. Altro che risparmio. Non mi sto risparmiando, sto cercando di dare tutto quello che posso, al mio passo. “Perseverare in agilita’, senza strafare”. Facendo attenzione ai battiti cardiaci e a non superare mai i valori di soglia massima.

La sensazione piu’ strana del triathlon, almeno per me, e’ quando lasci la bicicletta, indolensito negli arti, pieno di acido lattico, con la schiena che comincia a lamentarsi e i dolorini vari nelle parti basse – come ebbe a dire Luigi Ganna, alla fine del Giro d’Italia che vinse, nel 1909, quando gli chiesero come si sentiva. Rispose candidamente: “Me brusa tanto el cu!” in una famosa risposta rimasta negli annali della storia del ciclismo e del giornalismo sportivo… –  Insomma con tutto questo e dopo tutto questo, con il tuo fisico che grida da tutti i pori pieta’,  devi cominciare a correre. E’ strano mettersi a correre, ti senti legato, dannatamente goffo e imbranato a correre dopo aver tanto pedalato. Mi aspettano 3 giri da fare, da 7 km ognuno. Il sole e’ alto in cielo, sono le 14 e inaspettatamente, ora fa un caldo boia. Avete presente il solleone? Cosi’. Cerco di stare a una velocita’ di 5, 5,.30 minuti a km. Cosa non esattamente facile per me dopo gia’ 4 ore di gara. Mi concentro su ogni singolo passo. Su ogni goccia di sudore. Dopo neanche un km a questo ritmo mi assale una sensazione di stanchezza atavica. Troppo duro. Non ce la faro’ mai ad arrivare in fondo, mi dico dentro me. So che devo lottare con la mente, nell’istante, in ogni istante, che mi dice di fermarmi. Continuo… a correre, ora. Questo momento, all’inizio del primo giro di corsa, e’ il piu’difficile della gara per me. Mi concentro sulla strada ancora da fare per arrivare al primo ristoro, un puntino la’ in fondo al rettilineo, e poi al secondo, punti cardinali del primo giro, sempre guardando alla velocita’ e ai battiti del cuore sul mio Garmin, guardando a che” la prima non cali troppo e i secondi non salgano troppo.

Di solito, nelle gare di triathlon  lungo che ho gia’ fatto, la frazione di corsa e’ quella dove patisco di piu’. A un certo punto le gambe non vanno piu’. Comincio a camminare e poi corro, cammino e poi corro in questo calvario, svuotato, prima di arrivare al traguardo. Mi ha colpito una frase di Chris McCormack, Macca, il campione, quello che vinto il Challlenge di Rimini  per una manciata di secondi su quell’altro fenomeno di Daniel Fontana. Macca ha detto cosi: il mio segreto per vincere? Non sento il dolore, non ci faccio caso quando arriva. E vi assicuro arriva, per tutti. Ma oggi mi dico che voglio arrivare in fondo e non perdere troppo nella corsa. Sarebbe bello se riuscissi a farla tutto di corsa questo pezzo di maratona. Senza fermarsi. Senza camminare. Stringo I denti. “Perseverare, in agilita’”. All’inizio del secondo giro la velocita’ diminuisce un po’, non riesco a tenere il ritmo. Il Garmin segna 5,30, a tratti 6 minuti a km. Cerco di stare sotto I sei, anche se di poco. Non mollo e continuo a correre. E’ arrivato il momento del mio “Rosario dinamico”. Ognuno ha un particolare modo di superare la fatica, nei momenti piu’ duri, per superare il limite. Un segreto. Io quando proprio non ce la faccio piu’ prego. Om,om, om. Conto 10 Avemarie che recito in silenzio e conto con le mani, e poi altre 10, fino ad arrivare a 5 sequenze e intanto il tempo passa e anche la strada si apre davanti a me. Diminuisce la distanza per raggiungere l’arrivo, la mia vittoria, il mio obiettivo. Passato il momento di crisi, per una strana alchimia fisica ma anche chimica, mentale, non so come dire, mi sento leggero, in trance quasi, svuotato da tutti I pensieri e le preoccupazioni, il tempo e lo spazio, il passato e il futuro, una sorta di benessere di serena consapevolezza e felicita’ segreta avvolge tutte le cellule del mio corpo e non mi curo piu’ di niente. Il niente e l’assoluto. Vado come in trance annegato in ogni movimento di ogni singolo muscolo in sequenza che continuo a fare. Sotto questo sole forte.  Mi bagno il capo e mi verso sul corpo dell’acqua. Diventa una necessita’ avere un po’di refrigerio e riconquistare un po’ di lucidita’. Ci sono quasi. L’ultimo giro mi sembra di andare piu’ forte dell’inizio. La strada e’ in pianura sul lungomare di Rimini, ma a me sembra di essere in discesa, leggero, lieve, una farfalla su un fisico da elefante, verso la mia vittoria.

Un pensiero mentre ci sono quasi,mi da’ sollievo: non dovro’ piu’ allenarmi in tre discipline come ho fatto nelle ultime settimane. Potro’ andare solo in bici. Capisco gli atleti che nei periodi di iper allenamento dicono di provare quasi la nausea ad allenarsi. E’ cosi’. E’ una lotta continua con se stessi. Ci vuole impegno, dedizione, disciplina interiore, volonta’ per prepararsi a gare come questa. Troppo.Ma distolgo questo pensiero. E cerco di godermi la sensazione di questo istante infinito e di quello dopo, un passo dopo l’altro. Quanti saranno per arrivare a 21,1 km? Gli ultimi metri. Ce l’ho fatta, finalmente. L’arrivo e’ li’ in fondo dopo la rotonda, 100 metri ancora sul tappetino rosso. Alessandro di Icarus mi accoglie con la sua telecamera e mi chiede di fermarmi, mi domanda qualcosa. Non so bene che cosa rispondo e andiamo assieme all’arrivo. “Perverare in agilita’’.

Oggi ho davvero dato tutto quello chepotevo, senza pensare al tempo, ma concentrandomi su ogni attimo di questa bella gara durissima ed epica. (Indirettamente ho migliorato, per quello che puo’ valere, molto poco, il mio tempo di 35 minuti dall’ultimo mezzo Ironman di Pescara 2012). E’stata una bella giornata di sport per me, per tanti, che sono riusciti a vincere il nostro limite. Come ha detto Aldo Rock, e’stata una gara epica, per il freddo, il mare grosso, le salite, la pioggia e il sole. Una di quelle che si ricorderá. La sensazione di forza, di vita. Di leggerezza e’ la cosa piu’ bella in definitiva che mi  porto a casa da questa lunga giornata di sport. La mia vittoria..

E’stata una bella giornata di sport nel senso piu’vero del termine, de coubertiano, dove 1200 persone hanno vinto la loro sfida, in qualche modo. Ci pensavo mentre correvo gli ultimi km, Partecipare con spirito vincente, con spirito vincente, non vincere, anche se c’é’ sempre uno che vince, che arriva primo. Non so come dire, ma e’ la stessa cosa, almeno per me. LA spinta alla prestazione, al risultato a ogni costo e a tutte le degeneraiozni collegate, – vedi doping – alla Di Luca, che si e’fatto di epo per arrivare 30esimo e non 50esimo in classifica generale al Giro(!!!). Sono degenerazioni dello sport. E del suo significato piu’vero e piu’bello. Degenerazioni che bisogna non seguire, ma che anche tanti putroppo, anche tra gli  amatori seguono… E’un po’una questione di ego rivoltato sullo sport se ci pensate, un atteggiamento infantile e un po’egositico da adulto bambino che vuole avere sempre l’auto piu’bella, la moglie piu’bona, il lavoro di successo, il primo all’arrivo o il primo comunque sull’amico all’arrivo. Tutto questo e ’doping. Sono tutti aspetti dello stesso ego, un po’infantile, sempre in agguato, che tanti adulti bambini proiettano su cio’ che fanno. Perdendo di vista, infine, pero’il significato vero e piu’profondo di quello che fanno e il piacere di farlo. La gara non e’il fine, mai.Ma e’il mezzo per conoscersi, per ascoltarsi, per superare il limite e vincere la perenne sfida con la gravita’, il tempo e lo spazio. Bene. Oggi ho vinto la mia sfida. E sono felice cosi’.

Ps… il mitico Aldo Rock, con il quale condivido lo stesso modo valoriale di vivere lo sport, oggi e’arrivato ultimo, scortato dalle moto della polizia e dal carro scope, vincitore, tra gli applausi, trascinando la sua anca malconcia fino alla fine, fino al traguardo, E’arrivato in fondo, felice e serafico come e’ lui. Una lezione di vita per tutti. “Ehi uomo! Dove vai uomo…?”

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