posted: 29/07/13 at 12:15 pm

TUTTE LE SALITE DEL MONDO #30 | CHARLY GAUL E LA LEGGENDARIA SALITA AL BONDONE

By: Ufficio Marketing
Categoria: Storie
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SalitasupersalitabondoneL’inferno sulle strade del Giro d’Italia. Inaspettato. Terzultima tappa, da Merano al Monte Bondone, 242 chilometri e cinque colli da scalare. Una tappa eroica che, complice il gran freddo e la neve, diventa leggendaria. Passerà alla storia con una delle pagine più drammatiche nella storia di questo sport. Pagine scritte dalle gesta di un ciclista lussemburghese, Charly Gaul, l’angelo delle montagne. Alla partenza, al mattino, la maglia rosa Pasquale Fornara, sa che l’aspetta una giornata dura, con tante salite. Ma manca poco alla fine. Al Vigorelli, a Milano. Gli applausi, i fiori, i baci delle miss. Charly è 24esimo in classifica generale, con quasi 17 minuti di ritardo dalla maglia rosa. Nessuno dei due immagina che accadrà lungo la strada quel giorno. Un giorno che cambierà la loro vita per sembre, segnandola inesorabilmente, nel bene e nel male, nella buona e la cattiva sorte. Tra il fruscio dei palmer, il ronzio delle catene e il rumore sordo dei freni nelle discese battute dal vento, un vento invernale, gelido, come schiaffi dati a un bambino, dalla pioggia battente, poi divenuta grandine, neve e gelo.

Aldo Moser, la quercia, il patriarca dei Moser da Palù di Giovo, gente di campagna, delle campagne povere del dopoguerra, abituate dalla terra amara a misurarsi ogni giorno con al durezza della vita, in quel Giro all’inferno c’era. Era giovane. Aveva 21 anni. E alla partenza di Merano era arrivato terzo in classifica generale, dietro Fornara, il campione di Borgomanero. Racconta Moser: “Era la prima volta che scalavamo quel monte. Quella che saliva al Bondone era una strada per i muli”. Venti chilometri da scalare, secchi, senza remissione di peccati, senza respiro, senza mollare un attimo, nella montagna che domina su Trento, alla destra, guardando verso Nord, e che si apre con i suoi 34 interminabili tornanti subito dopo il ponte sull’Adige. Appena fuori città. “Alla partenza pioveva a dirotto. Al Passo Rolle la pioggia era già grandine. Scalammo il Colle Brochon, che era di strada sterrataCharlygaulfotobn, inzuppata di fango, lottando contro una tempesta di vento gelido che soffiava da Nord, implacabile come d’inverno, in gennaio pieno, nella mia Val Di Cembra. “Eravamo in braghette e maglietta corta di lana”. Quelle di una volta. Che quando piove si inzuppavano di acqua e diventavano pesanti come piombo. “Non avevo mai patito tanto il freddo in vita mia”. La gara quel giorno era diventata una guerra, un inferno, come nel più brutto dei sogni.  “Per proteggerci usammo di tutto, giornali, mantelline, magliette a maniche lunghe, In discesa poi il freddo era impossibile: non riuscivi più a muoverti”. Un’impresa pigiare con le dita sulle leve dei freni. “Eravamo così intirizziti che stavamo appesi al manubrio per disperazione”.

Al mattino da Merano erano partiti 87 corridori. Lungo la strada se ne ritirarono 44, più della metà. Tra questi, falcidiati dalla bufera di neve e dal gelo, mise i piedi a terra anche la maglia rosa. Fornara, a tre tappe dalla fine del Giro, si ritirò. Fu il suo direttore sportivo a volerlo. Raccontò poi che lo costrinse a fermarsi perché non poteva più vederlo soffrire così. Non era più una gara. C’era in gioco la sopravvivenza. Non era mai successo prima nella storia del Giro di una maglia rosa ritirata. Charly Gaul si stagliò su tutti, Quel giorno ebbe la meglio sulla sorte, sul freddo, sulla fatica e la sofferenza.Charlybondonebn

Gaul transitò per primo sul Costalunga e sul Passo Rolle. Fornara era a 40 secondi. In discesa fu ripreso e superato da Bruno Montes. Sullo sterrato del Brochon Gaul tornò all’attacco solitario. Scollinò con 5 minuti e mezzo di vantaggio su Maul e la maglia rosa Fornara. Sul Bondone la pioggia divenne neve, Gaul proseguì la sua azione, vincendo la tappa dopo 9 ore, 7 minuti e 28 secondi . Il secondo classificato, Alessandro Fantini, arrivo dopo 7minuti e 4 secondi. Terzo il leone Fiorenzo Magni che arrivò in cima al Bondone con la spalla fratturata dopo 12minuti e 15 secondi, stringendo tra i denti un laccio con il quale reggeva il manubrio. La tappa fu bloccata 4 chilometri prima della cima, a Vaneze, quota 1257 metri, perché la neve impediva di andare oltre. C’erano 4 gradi sotto zero e 10 centimetri di neve sulla strada, all’arrivo. In cima, a Vason, quota 1.654, la neve era arrivata a 40 cm e il termometro segnava meno dieci, il mesi di giugno, il giorno 8 di quel dannato Giro del 1956. Al traguardo il lussemburghese era semi assiderato.  Salitaarrivo500mLo presero di peso e lo sollevarono dalla bici, Le gambe aperte e bianche, gli occhi vuoti, liquidi, la maglia della Faema: una foto in bianco e nero lo ritrae così, il campione mezzo morto. Il suo direttore sportivo Learco Guerra gli infila i piedi in due mastelli di acqua bollente e lo compre con una coperta militare. La maglietta della Faema con il gelo si è attaccata alla pelle. Quel giorno Gaul conquista la Maglia Rosa e il Giro d’Italia. E da quel giorno è entrato nella leggenda del Giro e di questa montagna. Lino, uno dei vecchi del Bondone, si è battuto per fare intitolare al ciclista lussemburghese la strada che sale sul verso la cima.  SalitatornantibondoneNon è stato facile perché era ancora in vita. Gaul, negli ultimi anni di vita, visibilmente ingrassato, la barba bianca, pochi capelli con alle spalle problemi di alcolismo per combattere i suoi fantasmi, pochi mesi prima di morire fece in tempo a godere dei festeggiamenti che gli tributarono nel suo paese e a Trento, in ricordo di quel giorno e della Leggendaria tappa del Giro sul Bondone che da allora ha preso il suo nome. Morì in un giorno freddo e senza sole, un giorno qualunque di dicembre, nel 2005. La sua impresa sportiva segnò la sua vita “nella gioia e nel rimpianto” come ebbe modo di dire ai festeggiamenti in suo onore due mesi prima di morire. E quell’impresa eroica gli è sopravvissuta, simbolo della forza dell’uomo, ed è scritta ormai sulla pietra e a ogni curva del monte Bondone. In suo onore ogni anno si corre una gran fondo di ciclismo. “La Leggendaria Charly Gaul – Trento Monti Bondone, Trofeo Wilier Triestina”.CharlypartenzaQuest’anno c’ero anch’io tra i 2.500 partiti da piazza Duomo, arrivati a Trento dai cinque continenti( ce n’era anche uno della Birmania) per salire su su fino alla salita che porta in cima al Bondone. Un’altra tappa delle “mie” salite del mondo. Ma anche un modo per onorare con i pedali, quell’impresa leggendaria e la forza di quel piccolo grande uomo arrivato dal Lussemburgo eLucasalitaCampionessawilierrimasto nel cuore di tutti i valligiani che riuscì a vincere sulle Alpi, sulla malasorte, sulla tempesta di neve e il freddo. Bella gara, nella giornata di sport anche se, ripensando a quel giorno, faceva un caldo boia con il termometro che è arrivato a 32 gradi. Grazie a tutti gli amici che hanno condiviso un po’ di strada con me. Grazie a Stefano, l’ironman di Trento, che si allenava per una super corsa di trail, mandando giù i passi alpini con la bici come fossero noccioline, grazie a Luca della Wilier e ai fratelli Gastaldello, appassionati di bici veri che hanno pedalato con me, grazie a Edith Vanden Brande, la campionessa belga che vedete qui sotto che lo scorso anno è arrivata seconda in classifica generale alla Charly Gaul e che quest’anno, causa mal di schiena, si è dovuta accontentare di accompagnare il qui presente (fino alla prima salita perché poi mi ha staccato subito) e il mio amico Luca… Grazie, in ultimo a Gulli e a Guido di Icarus-Sky Sport che mi hanno seguito con la moto, per la loro pazienza, per le loro domande durante la salita con la telcamera accesa e per le mie risposte assurde delle quali, considerando la fatica del Bondone, non rispondo fino in fondo… Alla prossima.

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